Durante i primi anni di vita, il bambino sembra essere spontaneamente incline a comunicare in modo musicale o, per meglio dire, secondo modalità vicine al linguaggio musicale: lancia gli oggetti sul pavimento coordinando il gesto motorio, il respiro e la voce, proprio come fanno i musicisti col proprio strumento; sbatte ritmicamente le cose fra loro con l’energia ritmica di un percussionista; emette vocalizzazioni intonate quando sente musica intorno a se; produce suoni con la voce mentre corre, salta o si butta per terra; pronuncia il proprio nome quasi cantando, come se fosse una piccola melodia.
Le manifestazioni descritte sembrano indicare un’innata vicinanza al linguaggio musicale senz’ altro riconducibile al ruolo che proprio il suono riveste nella relazione fra mamma e bambino durante la vita prenatale. Questa, infatti è caratterizzata, per tutta la sua durata, dalla presenza di vibrazioni sonore che risuonano nel corpo materno. Successivamente, durante i primi mesi di vita, la comunicazione, fra mamma e bambino ha caratteristiche sonoro-musicali evidenti.
Il suono, dunque, ha una grande importanza fin dai primissimi istanti della nostra vita e spesso rappresenta una presenza rassicurante, grazie al suono il bambino alimenta la propria immaginazione e la propria creatività; sviluppa la capacità di introspezione, di comprensione di sé, degli altri e della vita.
Guidare il bambino all’apprendimento musicale vuol dire aiutarlo ad accogliere la musica quale parte integrante del proprio patrimonio espressivo e di comunicazione.
Il bambino nasce con determinate potenzialità che si sviluppano o, al contrario, si affievoliscono a seconda degli stimoli che l’ambiente è in grado di offrirgli nei primi anni di vita.
Nel realizzare il nostro progetto: “Musica in Fasce” applicheremo la Teoria dell’ Apprendimento Musicale (Music Learning Theory), ideata da Edwin E. Gordon e proposta dall’ AIGAM – Associazione Italiana Gordon per L’apprendimento Musicale, che descrive le modalità di apprendimento a partire dall’età neonatale e si fonda sul presupposto che la musica si possa apprendere secondo processi analoghi a quelli con cui si apprende il linguaggio.
Il bambino è immerso nei suoni parlati della lingua madre fin dalla nascita; nel corso del tempo, attraverso tentativi di imitazioni, svilupperà un proprio vocabolario parlato. Sarà solamente durante l’età scolare che imparerà a leggere, a scrivere nella propria lingua. Lo stesso percorso vale per la musica.
Possiamo descrivere il processo di apprendimento musicale del bambino attraverso la spiegazione di alcune fasi di sviluppo.
La prima fase che Gordon chiama di acculturazione è quella dell’ascolto e dell’assorbimento ed è quella più importante di tutte, questa è al suo massimo livello tra o 0 e i 3 anni del bambino.
L’ascolto musicale del bambino non è un ascolto da adulti, è un ascolto corporeo. L’adulto ascolta poi decodifica e descrive con il corpo le sue emozioni o la struttura di quella musica. Il bambino che scolta musica è portato a muoversi spontaneamente, “è mosso” naturalmente dalla musica. (“In Bambino canta ancora prima di parlare, balla ancora prima di camminare” PamBrown.)
La seconda fase è quella dell’ imitazione. Attraverso il processo di imitazione dell’adulto, il bambino si esercita a svolgere competenze che non ha ancora sviluppato. Diverse ricerche hanno dimostrato che i bambini imparano molto dai loro pari, per cui apprendono meglio in gruppo piuttosto che attraverso esperienze individuali.
La terza fase è quella dell’ assimilazione. Dopo aver ascoltato l’adulto, cantare per lui, aver quindi assorbito la sintassi musicale e dopo averlo imitato inizia ad esprimersi musicalmente in modo creativo espressivo, con accuratezza sia nell’intonazione che nel ritmo.
Tutto questo processo di apprendimento che passa attraverso le fasi di acculturazione, imitazione e assimilazione porta il bambino a sviluppare la capacità di pensare musicalmente la capacità che Gordon definisce Audiation.
L’Audiation termine coniato da Gordon indica la capacità di sentire e comprendere nella propria mente musica che non è fisicamente presente durante l’ascolto o la performance musicale. Facciamo ancora un’analogia con il linguaggio. Pensiamo ad una conversazione: quando parliamo, o quando ascoltiamo qualcuno parlare, “conserviamo” in testa istantaneamente le parole appena dette o ascoltate, all’interno di una sequenza che ne mantiene il significato. Questo ci consente di non perdere il filo del discorso e di anticiparne l’evoluzione. Lo stesso procedimento avviene per i suoni di un brano musicale ascoltato o seguito. L’Audiation sta alla musica come il pensiero sta al linguaggio.
L’educatrice guiderà il bambino all’apprendimento della musica; non gli chiederà di fare qualcosa, ma lo farà lei per lui: canterà per lui, si muoverà per lui, per poi accogliere, imitare e rafforzare le risposte del bambino.
Saranno cantati brani attraverso pochissime sillabe neutre (pam, pa ecc.), con l’esclusione delle parole, eviteremo, in questo modo, che l’attenzione del bambino si concentri su di esse anziché sulla musica, favorendo così un ascolto più efficace ai fini educativi.